“Gli uomini, le montagne, il mare, la terra, il cielo, gli asteroidi, i pianeti, le stelle, le costellazioni, i gas, la polvere cosmica: questi elementi costituiscono tutta la realtà?

La risposta è no! Essi rappresentano solo il 5% dell’Universo. Il resto? Un mistero…

Albert Einstein diceva: “la cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero. Esso è la fonte di ogni vera arte e vera scienza.”

Ecco il racconto teatrale dal titolo The Dark Lady – Storia di Vera Rubin la donna che scoprì la materia oscura”, inizia invitanto gli spettatori a trasferire la loro mente nello Spazio infinito e nel doppio mistero che lo colora e lo costituisce: quella materia ed energia oscura che insieme costituiscono il 95% del contenuto dell’Universo.

Una misteriosa dea nera a due facce che le teorie della fisica delle particelle sta ancora studiando.

Una sconosciuta doppia realtà che cercheremo di descrivere grazie alle mie parole e alla musica del polistrumentista curdo Ashti Abdo.

Un tempo nel Tartaro, la faccia tenebrosa della Terra e punto più buio dell’universo, venivano gettati i nemici degli Dei, eliminati per sempre dalla luce del giorno. Platone  lo descrisse come una caverna immensa in cui confluiscono tutte le acque sotterranee, circondata da altissime mura di bronzo da cui nessuno poteva evadere.

E certamente circondata da altissime mura di mistero è rimasta a lungo la materia oscura la cui prima osservazione si deve allo scienziato Fritz Zwicky nel 1933. Ebbene il nostro racconto su Vera Rubin avrà inizio da qui o meglio qualche anno prima, quando i suoi genitori ebrei-lituani emigreranno negli Stati uniti e Vera Rubin verrà al mondo a Philadelphia, il 23 luglio del 1928.

Una donna straordinaria che visse 88 anni, ebbe 4 figli e fu capace di essere doppiamente rivoluzionaria: da una parte scoprendo la presenza della materia oscura, dall’altra lottando per il riconoscimento e l’inclusione delle donne nella scienza ufficiale astronomica.

“La mente umana è una naturale elaboratrice di storie meno di ragionamenti”, dice lo psicologo Jonathan Haidt e per questo seguiremo la vicenda di Vera Rubin in tutte le sue fasi narrative, analizzandola anche sotto la lente dello storytelling come se fosse una storia solo da raccontare.