La prima volta che ho avuto il piacere di conoscere Mr Handpan mi trovavo a Londra e erano più o meno le quattro del pomeriggio.
Alla mia sinistra russava il Tamigi appollaiato supino sul suo letto e alla mia destra grattacieli con gessato e mocassini facevano a gara per toccare il cielo con un dito.
C’è sempre qualche spazio da colonizzare, pensai.
Un cimitero di viventi, la città, che lancia i suoi sguardi pietrificati verso l’alto.
Grattacieli di potere e di Babele, termometri verticali che ci dicono quanto siamo distanti dalla vita.
Grattacieli di potere e di Babele, termometri verticali che ci dicono quanto siamo distanti dalla vita.
Un cimitero di viventi, la città.
Pensavo. Pensavo.
Pensavo o forse non pensavo poi tanto dato che non posso escludere che tutto fosse un po’ spiritato e reso amaro dalla tante pinte di birra che mi ero fatto scivolare nella gola e che mi facevano sentire una specie di involtino in maniche di camicia in spassosa, “maltosa”, “orzosa”, meditabonda, fermentazione.
Mi trascinavo. Mi trascinavo.
Mi trascinavo più o meno in posizione eretta, quando sentii la sua vibrazione, la vibrazione feroce di quello strumento, l’Handpan, chiamarmi a sé.
Sedeva sulle gambe di una rossa con gli occhi verdi e il vestito giallo. Non era un semaforo ma una donna che vibrava! Vibrava! Vibrava! E delle onde e delle gonne si allargavano tutt’intorno sciogliendo le pietre in petto!
Un attimo prima, un bacio di innamorati mi avrebbe fatto odiare la Terra sotto i loro piedi, solo per la colpa di sostenere il peso dei loro corpi e di dare un orizzonte ai loro sogni.
Un attimo dopo non avrei conosciuto un’altra ragione di amare, che amarli.
Per la prima volta entrai in contatto con una melodia che sembrava solleticarti il petto grattandoti la gola e poi cominciava a bussarti nella pancia facendoti risuonare l’anima.
Mi sedetti.
Mi sedetti e cominciai ad ascoltare, come poche altre volte era successo nella mia vita.
Non è per timidezza o per pudore, ma la vita smise di sostare sul pianerottolo delle impellenze, smise di giocare a biglie con le carie delle ripetizioni e sospinta dalla musica cominciò a danzare con il respiro.
La musica. La musica è il respiro della pancia. A volte sordo, a volte languido, a volte livido, a volte chiassoso.
La musica. La musica è il respiro dell’anima. A volte sordo, a volte languido, a volte livido, a volte chiassoso.
La musica. La musica è il respiro della vita. A volte sordo, a volte languido, a volte livido, a volte chiassoso.
Musica, è quando parli con la vita e ti ascolti mentre lei ti dice esattamente quello che vuoi sentirti dire.
Per il VIDEO: clicca qui.