Hermes (per i romani Mercurio e per gli etruschi Turms Aita) figlio di Zeus e della ninfa Maia era il protettore dei viaggiatori, della comunicazione, dell’inganno, dei ladri, dei truffatori, dei bugiardi, ma anche portatore di sogni, conduttore delle anime dei morti negli inferi e messaggero degli Dei.
Spiantato, nevrotico, affetto da iperattività motoria, disattenzione cronica ai limiti con ADHD, viene spesso raffigurato con in testa il petaso, copricapo dei viaggiatori e ai piedi i talari, sandali alati che farebbero invidia al rapper newyorkese, famoso per essere pescetariano e compagno di Rihanna di nome A$AP Rocky. E in mano? Il cadùceo, un bastone magico con due serpenti, rappresentazione del bene e del male, tenuti in equilibrio attraverso le ali dell’intelligenza che si pone al di sopra della materia per poterla dominare attraverso la conoscenza.
Agile, acuto, poetico e disincantato, nel mito si racconta che venuto al mondo una mattina, a mezzogiorno vede una tartaruga, la fa a pezzi e con il guscio, due fusti di canna e sette corde inventa una lira e poi la suona. Passa qualche ora a suonare e nel pomeriggio preso dalla fame ruba cinquanta giovenche al fratellastro Apollo, nasconde le sue tracce, accende un falò, (inventando tra l’altro il fuoco…) e poi ne se ne mangia due, prima di tornare nella culla per riposarsi. Dopo cena mente ad Apollo che si era nel frattempo accorto del furto delle giovenche, mente a Zeus che era intervenuto per derimere la controversia dei figli e per farsi perdonare, promette la Lira ad Apollo il quale lascia correre per le cinquanta giovenche rubate ed anzi conferisce a Hermes il rango di pastore e gli regala il bastone magico descritto sopra. Insomma, una giornata tranquilla per un neonato…

Quando ho scattato questa foto ero a Villa Adriana a Tivoli, a lato di questa statua storpia di Ermes nella quale rimane solo alla sua destra una lunga Erma, da cui deriva il nome: “monticello di pietra”, il cippo dei viaggiatori, su cui ogni passante aggiungeva una pietra. Collinetta che forse conserva anche un significato procreativo, fallico, simile al Linga indiano, chissà…
Ma oggi vorrei riflettere sul quel bastone magico, il caduceo.
La leggenda narra che durante un viaggio in Arcadia, Mercurio intervenne nella lotta tra due serpenti, lanciò tra loro il suo bastone e subito, per questo, si rappacificarono arrotolandosi intorno a esso. Secondo alcune teorie è simbolo di pace perché rappresenta l’integrazione di quattro elementi: il bastone rappresenta la terra, le ali l’aria e i serpenti rispettivamente il fuoco e l’acqua per analogia con i loro movimenti fluttuanti.
Spesso confuso con il colubro di Esculapio simbolo dell’arte medica e della salute e per questo usato come logo dall’ OMS, dell’ordine dei medici e di quello dei farmacisti, il Caduceo per me potrebbe un altro significato più attinente alla nostra mente. In che modo?
Il fatto che sia un oggetto preso in mano mette in evidenza l’importanza della pratica,  dell’azione, del fare. I due serpenti rappresentano la parte del nostro cervello più arcaica, quella rettile posta nel tronco encefalico ed essi forse indicano nel loro incontrarsi l’equilibrio degli istinti primari, delle funzioni corporee, della sessualità, dell’attacco e della fuga, dell’istinto di conservazione e dell’inconscio.
Le ali invece significano un’altra parte del nostro cervello: la neocorteccia e con essa la ragione, il linguaggio, la mente, il pensiero, la sede finale delle decisioni, la coscienza.
La quale coscienza non è “la suocera le cui visite non finiscono mai” come diceva Henry Louis Mencken, ma è ciò che propriamente ci rende essere umani.
Tutto questo per provare a divenire quello che Paolo Farinati rappresenta in questo suo affresco del 1590: “Mercurio che afferra la fortuna per il lungo ciuffo”. Tolta la rappresentazione patriarcale che sempre vede la fortuna nelle fattezze di una donna che come diceva Machiavelli deve essere “battuta e giocata se la si vuole avere”, anche qui Ermes si presenta con il petaso in testa, i talari ai piedi e il cadùceo a puntare verso il cielo.

Paolo Farinati, Mercurio che afferra la Fortuna per il lungo ciuffo (affresco, 1590 circa) Villa Nichesola-Conforti, Ponton di Sant’Ambrogio di Valpolicella (Verona).