Pasolini-calcio
“I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara (giocavo anche sei-sette ore di seguito, ininterrottamente: ala destra, allora, e i miei amici, qualche anno dopo, mi avrebbero chiamato lo “Stukas”: ricordo dolce bieco) sono stati indubbiamente i più belli della mia vita. Mi viene quasi un nodo alla gola, se ci penso. Allora, il Bologna era il Bologna più potente della sua storia: quello di Biavati e Sansone, di Reguzzoni e Andreolo (il re del campo), di Marchesi, di Fedullo e Pagotto. Non ho mai visto niente di più bello degli scambi tra Biavati e Sansone (Reguzzoni è stato un po’ ripreso da Pascutti).
Che domeniche allo stadio Comunale!”.

Pier Paolo Pasolini

“En principio Dio iba a la escuela y se ponìa a jugar futbol con sus amigos hasta que llegaba la hora de irse a sus salones. Aunque Dios sabe muchas cosas, quiere aprender màs y hacer cosas nuevas. Un dìa Dios dijo: “hoy trabajè mucho y es hora de ir recreo”. Dios y sus amigos se pusieron a jugar a futbol y Dios chutò tan duro la pelota que cayò en un rosal y se ponchò. Al explotar la pelota, se creò el universo y todas la cosas que conocemos”.
Rodrigo Navarro Morales, 7 años
Istituto Alexander Bain

Il calcio è “un linguaggio con i suoi poeti e prosatori” come diceva Pasolini.
Un linguaggio semplice, idealista che non accetta compromessi.
Un linguaggio politico che sa di soprusi, rivincite, ingiustizie, poteri e contropoteri.
Un linguaggio che sa di tribuni, tribune e territori.
Un linguaggio che sa di terra, tacchetti e tocchi di tacco.
Un linguaggio che sa di cielo, imprecazioni ed esultanze.
Un linguaggio che vuole mantenersi puro anche quando affonda nel fango.
E’ molto più di una palla che rotola,
il calcio è l’occhio del bambino che guarda il mondo,
un bambino che vive, come il sogno, quando s’incontra con la vita.
un bambino che muore, come la vita, quando si scontra con la realtà.